Un tempo era terra italica. Poi i nostri connazionali vennero espulsi e privati di tutti i loro averi. Ora salpano barconi carichi di clandestini
Non passa giorno che dal fronte libico non si ricevano notizie drammatiche. Una situazione che pericolosamente cammina sull’orlo del precipizio e che rischia di portare giù nel baratro sia l’Italia sia l’Europa stessa.
Reputo che l’intera vicenda legata alla questione della Libia, non abbia fatto altro che evidenziare, anche una volta, la cronica ignoranza del mondo politico italiano. Il classico pressapochismo dominante dal 1946 in avanti, ha determinato una totale e completa mancanza di una consona linea di politica esterna.
Il discorso sulla Libia apre pagine e scenari di particolare dolore e che fin troppo facilmente i nostri politici hanno tentato di oscurare con Trattati irresponsabili, oppure accettando, senza fare assolutamente nulla e quindi con ignavia e viltà, che nel 1970 venissero cacciati oltre ventimila italiani che risiedevano in Libia.
Compatrioti che, non solo non hanno ricevuto alcun concreto e reale sostegno, se non le solite formule di rito, ma che si sono visti dalla mattina alla sera allontanare perentoriamente da una terra dove lavoravano, dove avevano investito denaro, lacrime e sudore.
Oltre a subire l’onta dell’espulsione, quegli oltre ventimila italiani, subirono da parte del governo libico, anche la confisca di ogni loro bene. Ma tutto ciò è nell’oblio, e non viene mai ricordato.
Libia, una terra turbolenta
Orbene, a distanza di molti anni, ma in fondo non troppi, il teatro libico è ancora oggetto di scontri fra bande, fra tribù rivali. La non conoscenza del mondo arabo, il credere di poter sistemare le cose sempre e ad ogni prezzo con la sola parola, ha anche innescato tutto questo grande caos.
Prima si è accettato in maniera passiva che Gheddafi potesse fare tutto quello gli passasse per la testa, gli si è permesso di addestrare e di dare sostegno finanziario a tutti quei che terroristi che mettevano a ferro e fuoco Israele, che a sua volta rivendicava il diritto di difendersi.
Quando uno Stato è pavido, quando uno Stato crede che l’arte della mediazione possa essere applicata con tutti nella stessa maniera, erra di grosso. Ed errando si trova poi coinvolto in situazioni come quelle che oggigiorno stiamo vivendo.
L’incubo di vedersi arrivare orde di immigrati, con magari nascosti terroristi dell’Isis, è una dura realtà che ancora oggi il nostro Governo nega, minimizza, crede di poter gestire, quando nella realtà non è neppure capace di risolvere un semplice problema di ingorgo stradale, a causa del traffico, di una qualsiasi città.
Si paga anche il fio di non avere un vero e forte potere centrale. Oggi in Italia è divenuto tutto decentrato e, di conseguenza, non essendoci più delle linee guida tutto diventa fattibile.
La Libia era un territorio stupendo, terra italiana dal 1911, una terra strappata al dominio Turco. Una terra che non è mai stata una nazione, che improvvisamente, grazie ai soldi dei petrolieri, si è trovata catapultata in un mondo che non conosceva e nel quale non si è mai voluta integrare, forte della sua convinzione che l’islamismo sia l’unica vera guida, e che il resto del mondo sia solamente un luogo popolato da infedeli. Ancora una volta il Governo italiano sta alla finestra, guarda senza sapere cosa fare, quali pesci pigliare. E intanto la situazione rischia di precipitare.