“Adottando l’Euro, l’Italia si è ridotta allo stato di una nazione del Terzo Mondo che deve prendere in prestito una moneta straniera, con tutti i danni che ciò implica”
Paul Krugman, Premio Nobel per l’Economia 2008
Come Advisor, non posso non constatare come la cosiddetta creazione di una moneta unica, cioè l’Euro, e della Banca Centrale Europea, cioè la BCE, siano episodi frutto di una mera formulazione economica.
Gli economisti di tutto il mondo, il più delle volte, godono fama, e di tutti i benefit che ne derivano, di essere una sorta di guru, di preveggenti, capaci di leggere il futuro. Nonostante il fatto che sempre più la cronaca riporti episodi, con fatti alla mano, di quanto molti strateghi di economia non siano poi altro che personaggi legati ai gruppi di poteri più o meno occulti, continuano ad essere evocati come una sorta di sibille cumane del XXI secolo.
Eppure, anche chi non si occupa direttamente di economia, può comprendere immediatamente come tutto questo sistema monetario unico abbia di base una falla di bibliche proporzioni.
Una moneta unica, infatti, non dovrebbe, ma deve essere basata anche su una politica unica, su una unica economia. La moneta unica è la trasposizione economica di uno stato, non può esserlo di club.
Il club Europa euro, è di fatto costituito da una allegra brigata entro la quale ogni appartenente fa la propria economica, fa la propria politica sociale, ha le proprie leggi e via dicendo. Pur tuttavia, la BCE, la Banca centrale europea, fondata nel 1998 e che ha sede a Francoforte, in Germania, e che raggruppa tutte le banche centrali nazionali dei paesi aderenti alla moneta unica, ha il potere di consentire la produzione delle banconote in euro da parte dei Paesi dell’area dell’euro.
Quando si è pensato alla istituzione della moneta unica si è più che altro fatto una applicazione di quanto un qualsiasi libro di economia tratta a proposito delle tre classiche funzioni, e cioè:
1) strumento di pagamento
2) strumento per la misurazione del valore
3) riserva patrimoniale.
Quindi, si è passati da un concetto teorico ad una applicazione reale senza però considerare che tali concetti si possono applicare quando esiste uno Stato unitario, non un’assemblea fatta da vari membri.
- Per essere più chiaro, non è l’Europa euro che tratta con il mercato economico, ma lo fanno i vari Stati.
- Non è l’Europa euro che tratta il prezzo del petrolio o del gas, ma lo fanno i singoli membri.
- Non è l’Europa euro che esporta unitamente i beni e i servizi prodotti, ma lo fanno i singoli appartenenti.
Pare, quindi più che evidente come l’Euro potrebbe funzionare solo se e quando l’economia complessiva di tutti i paesi che utilizzano l’Euro funziona, non a caso, ad esempio, l’Inghilterra non ha adottato questa moneta.
L’Europa euro non è uno Stato, e non ha il potere di essere duttile di fronte a situazioni di stallo o regresso economico, episodi che interessano più Stati dell’euro zona, e di conseguenza non ha quella capacità esclusiva di uno Stato unitario di poter adattare e riorganizzare le economie reciproche tra gli Stati della zona euro.
Il paradosso è consustanziale: imporre una politica monetaria unica per diciassette stati eterogenei è nel migliore dei casi un azzardo, nel peggiore dei casi una follia.
Questo difetto strutturale dell’euro spiega molti aspetti della crisi monetaria che deve affrontare l’Unione europea. Il funzionamento della zona euro, così come è stato concepito sulla scia del Trattato di Maastricht, ha raggiunto i suoi limiti: un tasso di cambio unico per tutti, è possibile solo se la situazione economica dei membri della zona euro è la stessa.
Dal momento in cui l’eterogeneità di partenza non è stata corretta, non è mai stato possibile attuare la politica monetaria espansiva in un rallentamento dell’attività economica, o, al contrario, frenare l’attività economica in situazioni di “surriscaldamento”. Non riuscendo a utilizzare il denaro come vogliono, gli Stati membri della zona euro sono costretti a ricorrere a svalutazioni sociali per migliorare la loro competitività.
Come Advisor voglio ricordare come tali restrizioni non fanno altro che aggravare le disuguaglianze sociali e smorzare ulteriormente la domanda interna degli Stati in questione. Una moneta unica implica anche il muoversi attraverso il consolidamento fiscale, di bilancio e sociale.
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