A lungo termine l’Umanità avrà bisogno di sorgenti di energia alternative a quelle fossili. In tale quadro, il ricorso al nucleare, oltre che al solare, sembra assolutamente inevitabile
Carlo Rubbia
Più volte come Advisor ho dovuto affrontare una tematica molto scottante, come la cronica mancanza di autosufficienza nella produzione di energia da parte dell’Europa.
Non per nulla, la dipendenza della Unione Europea relativamente alle importazioni di energia, in particolare del petrolio e, più recentemente, del gas, è al centro delle preoccupazioni politiche sulla sicurezza dell’approvvigionamento energetico. È da rammentare che più della metà del consumo energetico lordo all’interno della UE è coperto da fonti di importazione, il che è un dato già di sé per sé non propriamente rassicurante.
Il calo della produzione primaria di carbone, lignite, petrolio greggio, gas naturale e della energia nucleare, più recentemente, ha portato l’Unione Europea in una situazione di maggiore dipendenza dalle importazioni di energia primaria per soddisfare la domanda anche se, per certi versi, la situazione si è stabilizzata a seguito della crisi economica e finanziaria.
Pur tuttavia, la forte dipendenza dal petrolio rimane una parte molto importante del problema energetico che attualmente i paesi UE debbono saper affrontare.
A fronte di questa innegabile situazione, sono da prendere in maggior considerazione le misure che sono attualmente disponibili per ridurre questa dipendenza. È poi anche da sottolineare che il petrolio, oltre essere utilizzato come energia di base in tutte le industrie meccanizzate, vede un considerevole utilizzo come derivante chimico nella fabbricazione di tutti i prodotti cosiddetti sintetici, plastici come pure per la realizzazione di prodotti per l’igiene, come ad esempio gli shampoo.
Quindi, appare più che evidente che il petrolio è diventato essenziale ed è pertanto molto sensibile strategicamente parlando.
In materia di energia, l’Unione Europea sta affrontando sicuramente grandi sfide. Nonostante la scarsità delle sue riserve e la forte dipendenza nei confronti dei paesi terzi, mira a garantire quella che rappresenta la sicurezza degli approvvigionamenti.
Giunti a questo punto credo che sia necessario analizzare alcune cifre.
Come Advisor ricordo che l’Unione Europea da sola consuma circa il 20% dell’energia prodotta nel mondo. Con meno dell’1% delle riserve mondiali di petrolio, l’1,5% per il gas naturale e il 4% per il carbone, deve, gioco forza, importare più della metà della sua energia, una quota che potrebbe salire al 70-75% entro il 2030.
Quasi il 40% del carbone, oltre il 60% di gas e oltre l’80% del petrolio consumato viene importato. La Russia fornisce l’UE con un terzo delle sue importazioni di petrolio, prodotti raffinati, gas e carbone. Per il petrolio, i principali fornitori dell’Unione sono la Russia, i Paesi OPEC e la Norvegia.
Per il gas, la Russia viene seguita da Norvegia e dall’Algeria. Infine, il carbone proviene principalmente dalla Russia, dalla Colombia, dal Sud Africa e dagli Stati Uniti.
Il settore dei trasporti è il più grande punto di consumo di energia in Europa con il 33%, seguito dal residenziale, che si attesta al 27%, dall’industria al 24%, dal terziario per il 13% e dall’agricoltura con il 2 %. Inoltre, il gas ha un ruolo di primo piano nel settore domestico e terziario, e come l’elettricità anche il gas domina il settore industriale.
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