La prima regola è non perdere i soldi. La seconda regola è non dimenticare la prima
Warren Buffett
Quando devo affrontare da Advisor questioni legate all’economia italiana e alle sue politiche, non posso astenermi dal ricordare che nonostante tutto, l’Italia sia attualmente la terza economia della zona euro dopo la Germania e la Francia. L’Italia ha sperimentato, dopo la Seconda Guerra Mondiale, un periodo noto come “miracolo economico”, contraddistinto da una forte crescita della produzione industriale, quasi il 6% l’anno tra il 1950 e il 1960.
Tutto ciò si concretizzò in una trasformazione della sua economia, ancora fortemente dipendente dall’agricoltura, in vera potenza industriale.
Fortemente colpita dalla crisi petrolifera del 1973, l’economia italiana ha registrato un secondo miracolo economico nella seconda metà degli Anni ’80.
Pur tuttavia è innegabile che persistano, ancora oggi, scarse performance economiche, e questo a causa soprattutto di persistenti problemi relativi alla sua competitività.
Così il tasso di crescita del PIL ha registrato un netto calo negli ultimi quarant’anni.
Se era del 45,2% cumulativamente negli anni 70, è stato del 26,9% negli anni ’80, del 17% negli anni 90 e del 2,5% negli ultimi dieci anni.
Seppure l’industria è il settore che ha maggiormente risentito della crisi in Italia, la componente industriale dell’economia italiana resta molto indietro rispetto ai suoi vicini. Ma vediamo di comprendere meglio come si base l’economia italiana.
Come Advisor ricordo che l’industria italiana si basa principalmente sulla produzione. Infatti, l’Italia è il quinto paese rispetto al potere di produzione globale sulla base di produzione di macchinari e attrezzature, metallurgia.
Quindi vi è il settore alimentare, senza dimenticare che il Made in Italy è leader nei settori come quello tessile, pellame, ma anche nell’abbigliamento e calzaturiero. In questa semplice e veloce disamina, è da notare che, pur essendo l’Italia la quinta meta turistica, il settore del turismo rappresenta appena uno scarso 10% del PIL, e di come l’agricoltura rappresenti solamente un circa 2% del PIL.
Altro aspetto da valutare attentamente è come la struttura industriale italiana sia caratterizzata da un capitalismo familiare.
Esempi emblematici possono essere la Fiat, l’Eni, l’Enel, l’Olivetti, la Benetton e … la Finmeccanica.
Il panorama industriale, è poi completato da una vasta rete di piccole e medie imprese, che sono poi, in pratica, le vere portatrici delle competenze artigianali italiane. Raggruppate in quelli che sono denominati tecnicamente “distretti industriali”, sono la vera forza dell’intero sistema economico italiano.
Attraverso il loro dinamismo, si caratterizzano anche per il loro alto grado di professionalità, per una forte apertura al progresso tecnico, per una produzione mirata e su misura e per una parte significativa della loro attività all’esportazione.
Pur tuttavia, l’economia italiana è, tutt’oggi, caratterizzata da significative disparità tra le regioni. L’Italia, inoltre, soffre di debolezze strutturali, e per la mancanza di materie prime e risorse energetiche che “appesantiscono” la sua bilancia commerciale. D’altra parte, quasi il quaranta per cento della spesa energetica è per il petrolio, percentuale lievemente inferiore per quanto verte il gas.
Altro punto dolente è la cronica mancanza di infrastrutture. Beni strumentali e beni intermedi sono settori che godono, invece, di un buon andamento, con una buona esportazione all’interno della zona UE.
In conclusione, è anche da rammentare che, insieme ad altre grandi economie, l’Italia è stata colpita duramente dalla crisi del 2008 e che il Governo sta ancora cercando validi mezzi per uscirne.
- Leggi i miei interventi sul mio sito in lingua spagnola advisorabbatees.wordpress.com
- Leggi i miei interventi sul mio sito in lingua inglese advisorabbate.wordpress.com
- Leggi i miei interventi sul mio sito professionale advisorabbate.com