“La riforma fiscale significa togliere le tasse dalle cose che sono state tassate in passato e mettere le tasse a cose che non sono state tassate prima”
Art Buchwald
Come Advisor sono abituato a osservare le cose sotto più aspetti. Infatti, sono proprio le varie prospettive e sfaccettature che permettono di poter analizzare in maniera più consona quanto avviene attorno.
Di fronte a quanto è avvenuto con il Brexit è difficile confutare che l’Europa appaia come un continente assai euroscettico e alquanto disunito. Ma, comunque, è ancora prematuro reputare l’avventura europea come un qualcosa di concluso. Pur tuttavia, sarebbe alquanto inopportuno non prendere nella doverosa considerazione che vi siano numerose espressioni di forte insofferenza.
Di fatto, sono sempre più i cittadini e le relative nazioni che diffidano fortemente su come si è andata a sviluppare l’Unione Europea. Il Brexit della Gran Bretagna rappresenta, quindi, una punta di un grande iceberg.
Non si può assolutamente escludere, dunque, che allo stato attuale delle cose non vi siano in itinere altri referendum che vadano a minacciare ulteriormente l’esistenza stessa della Unione Europea. Inoltre, sarebbe poi davvero limitativo andare ad etichettare sotto la voce “nuova ondata di nazionalismi” quanto si va a sviluppare come problematica in tutto il Vecchio Continente.
Da Advisor, ho provato ad analizzare le dichiarazioni rilasciate dai leader di molti paesi europee, e, onestamente, devo constatare come la situazione sia alquanto fluida, dinamica e poliedrica, in grado, pertanto, di prospettare un futuro di complessa e articolata composizione.
La Brexit, ad esempio, può servire come pretesto per far convogliare sentimenti contrastanti che albergano a Budapest e la cui influenza si fa già sentire a Varsavia, a Bratislava e a Praga.
Uno studio pubblicato recentemente, rivela che il 42% degli abitanti del regno di Danimarca considera seriamente la necessità di un referendum riguardante il restare legati all’Unione Europea. La questione migratoria, poi, non divide esclusivamente la politica di Copenaghen.
Non per nulla, infatti, il leader del Partito della Libertà Austriaco, Heinz-Christian Strache prospetta una Nuova Europa.
È anche interessante ricordare come il Regno di Norvegia, unitamente alla Russia, alla Bielorussia e alla Svizzera, rappresenti un non aderente all’Unione Europea storico. Tradizionale alleato del Regno Unito, la Norvegia è stata per un decennio a negoziare la sua adesione all’allora CEE. Nel 1972, stava per diventare un membro a pieno titolo, quando il tutto venne impedito da un referendum.
Nel 1994, la storia si è ripetuta. Dopo il Brexit della Gran Bretagna, è alquanto improbabile che ci sia un terzo scrutinio che possa prevedere la partecipazione norvegese allo spazio economico europeo.
Anche in Polonia la visione anti Unioni Europea sta trovando sempre più larghi consensi. In effetti, a Varsavia si parla apertamente di Polexit. Se il futuro politico spagnolo è ancora nebuloso, quello che è certo che deve ancora chiarire la sua posizione nei confronti dell’Unione Europea.
Nei Paesi Bassi, come pure nella stessa Germania e Francia, il vento contrario alla Unione Europea spira davvero forte. Il cancelliere tedesco è in caduta libera nei sondaggi e mantiene un prudente silenzio su Brexit, mentre il governo francese ha dichiarato che il Brexit è un processo irreversibile e che non deve essere data nessuna possibilità di far rientrare gli inglesi nella Unione Europea, anche se si “pentissero”.
D’altra parte, i cugini d’oltralpe hanno già lanciato una forte campagna internazionale per sostituire la City di Londra con la Città della Luce come importante centro finanziario del continente.
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