“Alcuni Paesi vogliono entrare in Europa per essere più poveri e altri vogliono lasciarla per essere più ricchi”
Bernard Pivot
Durante la mia carriera di Advisor ho avuto modo di confrontarmi più volte con diverse realtà e situazioni economiche. Di conseguenza, quindi, non mi meraviglio più di tanto, se, allo stato attuale delle cose, vi sia un così forte e generale aumento di euroscetticismo.
Molti, d’altra parte, hanno creduto troppo semplicisticamente che il concetto e i valori europei siano parte di un DNA politico. Infatti, se è possibile comprendere le ragioni per le quali chi vive in Spagna o in Italia, ad esempio, possa essere, tendenzialmente, portato a difendere l’Unione europea, sono, nel contempo, anche propenso a comprendere le motivazioni di molte aree che non vedono più le potenziali esprimibili dall’Unione Europea verso una economia globalizzata.
Prima di tutto, è un fatto che all’interno della UE manchi una politica comune, un argomento che sicuramente meriterebbe maggiori attenzioni anche da parte dei media. In sostanza, non sono rimasto affatto sorpreso dell’esito conseguito dal referendum che ha visto, ancora oggi solo sulla carta, l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea.
I più attenti analisti, avranno certamente osservato come già da tempo, questa nazione non partecipasse alle riunioni politiche dell’UE. Non è poi da dimenticare che il Regno Unito pur aderendo, precedentemente, al Trattato di Schengen, non ha mai adottato l’euro come moneta. Il che, già allora, un qualcosa voleva pur significare. In sostanza, il punto di vista britannico, è molto più variegato e complesso di quanto si è detto.
Fondamentalmente il Regno Unito, infatti, proprio per la sua storia e per la sua innata metodologia, non ha mai visto come obiettivo primario una sua integrazione in quelli che sono i valori e i principi di una reale Unione Europea. Di fatto, alla popolazione del Regno Unito, una unione sempre più stretta è apparsa come una sorta di guinzaglio che veniva ad essere imposto ad ogni singolo cittadino.
Si sbandiera tanto che un mercato unico e una singola zona doganale siano aspetti di fondamentale importanza, ma, tuttavia, si dimentica dell’esistenza del Commonwealth, organizzazione che vede l’adesione di ben 53 Stati che precedentemente erano appratenti all’impero britannico, con un mercato, quindi, di oltre due miliardi di individui.
Pertanto, se l’Unione Europea è in grado di esprimere interessi comuni, all’attuale stato delle cose il Commonwealth raffigura per il Regno Unito un naturale sfogo economica privo delle limitazioni viste con l’UE. A livello globale, perciò, non ha di certo problemi per i mercati finanziari ed economici.
La scelta di una forte difesa del bene pubblico e di ampi margini di manovra economici, sono stati, sicuramente, argomenti che hanno avuto una valenza di grande risonanza.
Reputo, poi, come Advisor che sia anche opportuno valutare il fatto che una caratteristica finanziaria della globalizzazione sia stata un aumento della disuguaglianza del reddito da lavoro, ma anche un revival di regimi autoritari. Non per nulla, molti paesi emergenti hanno evitato il modello economico socialdemocratico europeo a favore di un transazionale capitalismo finanziario, più in stile americano.
- Leggi i miei interventi sul mio sito in lingua spagnola advisorabbatees.wordpress.com
- Leggi i miei interventi sul mio sito in lingua inglese advisorabbate.wordpress.com
- Leggi i miei interventi sul mio sito professionale advisorabbate.com