La probabile evoluzione del mondo degli affari

Gli affari sono sempre degli scambi… si scambia il denaro… la terra… i titoli… i mandati elettorali… l’intelligenza…la posizione sociale… le cariche… l’amore… il genio… ciò che si ha contro ciò che non si ha”.

Octave Mirbeau

Advisor Abbate - business, arte, cultura, mediatore, positivo

Una delle cose di maggior interesse che sembra assillare banche e imprenditori, è scoprire quale potrebbe essere la probabile evoluzione del mondo degli affari. Certamente, pur essendo uno scopo legittimo, questo non deve, tuttavia, permettere un assurdo spreco delle risorse. Infatti, non si deve aspettare che venga ad essere tagliato l’ultimo albero, inquinato l’ultimo ruscello, catturato l’ultimo pesce, per rendersi renderanno conto che i soldi non comprano tutto.

Seppure qualcuno stenti ancora a crederci, anche il motore dell’economia ha una sua logica a cui devi rispondere. Difatti, da Advisor, ricordo che sempre più sogni equivale ad avere sempre più bisogni, il che, poi, si può andare ad riassumere in un sempre più consumo. Una logica, quindi, che permette al mercato finanziario di espandersi sempre più.

Come Advisor, a tal proposito, desidero evidenziare come pure gli strumenti digitali oggigiorno a disposizione di un largo pubblico, concorrano a far espandere i mercati in rete. Tutto questo, comunque, non deve essere considerato come dei sogni di conquista delle ricchezze o sogni di dominio. La probabile evoluzione del mondo degli affari, pertanto, debbono essere uno stimolo anche per avviare un utilizzo più razionale delle risorse che sono a nostra disposizione.

Viviamo in una società in cui coesistono vari tipi di economia. Ad esempio, vi è la cosiddetta economia reale, ovvero quella in cui le aziende generano denaro reale con valore d’uso reale. In sintesi, è la somma del PIL di tutti gli stati. Accanto ad essa, vi è quella che viene ad essere definita come l’economia virtuale, ossia quella degli scambi finanziari speculatori. Sarebbe, tuttavia, alquanto negazionista, il non voler ammettere che, accanto a queste legittime forme economiche, ve ne siano altre ben diverse e molto meno nobili.

Forse non è vero che vi è quella che si potrebbe chiamare l’economia dei pirati, cioè quella che si basa su tangenti, contraffazione e frode fiscale, oppure si preferisce obliare sul fatto che esiste una economia della mafia, la quale si basa sul traffico illecito, sulle droghe, sulle armi, sulla prostituzione e via dicendo?

La cosa drammatica, è che, durante i periodo di crisi, le economie dei pirati e della mafia diventano più importanti dell’economia reale, distorcendo così tutte le analisi dei decisori. Indubbiamente, la “magia” del mercato neoliberale ha creato una eccessiva centralizzazione e i suoi eccessi hanno imposto ai cittadini la gerarchia, l’uniformità e i monopoli.

Tutto ciò, quindi, non fa altro che evidenziare come fosse utopica la visione di una crescita senza fine per una società organizzata come un business, cioè preoccupata di una redditività basata solo sul modello di scarto del consumo. Questo modello, di fatto, ha creato due problemi principali.

Il primo, senza dubbio, è il fatto che non è stata in grado di ridistribuire equamente la ricchezza, e il fatto che i benestanti rappresentano solo una piccola parte della popolazione ne è una ulteriore conferma. Il secondo, non di certo meno importante del primo, è che la sua crescita sfrenata ha distrutto troppi sistemi naturali. Qui, non si tratta di mettere in discussione l’esistenza di mercati o di profitti, ma solamente la loro egemonia. In conclusione, è la fine di un modello di crescita che doveva essere infinito, ma che invece ha funzionato in un mondo finito.

 

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