I pericoli di eccessi derivanti da una fase di espansione dei mercati finanziari

Investire con successo significa anticipare le anticipazioni degli altri

John Maynard Keynes

Advisor Abbate - economia, crisi incertezzaCome Advisor, so perfettamente che la troppa euforia e i mille “evviva” che nascono spontaneamente da una positiva fase di espansione dei mercati finanziari possono, alle volte, innescare pericolosi eccessi di facile entusiasmo.

Come Advisor, ricordo che è proprio in questa delicata fase che gli investitori sono soliti commettere evitabilissimi errori. Se, ad esempio, dall’inizio dell’anno, il mercato azionario statunitense è cresciuto dell’8,5%, i mercati azionari europei sono scesi del 2% in media e quelli dei mercati emergenti sono diminuiti del 10%. Quindi, la spettacolare performance del mercato americano, può essere un qualcosa di “insolente”.

Quando ci avviciniamo alla fine di un ciclo, come sembra essere il caso in questione, diventa sempre molto difficile mantenere forti convinzioni. Non a caso, è proprio nell’ultima fase di espansione, che i mercati tendono a commettere i loro maggiori eccessi. Personalmente, sono dell’avviso che l’entusiasmo generale, il vertiginoso aumento dei mercati azionari e l’aumento dell’inflazione, concorrono a far sì che si vada a produrre, quasi meccanicamente, un loro antidoto.

Di solito, le banche centrali, ansiose di calmare il gioco, stringono la loro politica monetaria. Un qualsiasi banchiere centrale, tradizionalmente, ha come spauracchio storico l’inflazione. Quasi per inerzia, perciò, si tende a frenare una crescita. Nel tempo, ho potuto constatare come le banche centrali si siano abituate a commettere l’errore di continuare ad aumentare i tassi di interesse mentre la crescita economica è iniziata a rallentare. In questo panorama, poi, non può certamente essere dimenticata la crociata protezionistica di Donald Trump, la quale preoccupa, non poco, i mercati finanziari. Così facendo, le banche centrali contribuiscono molto spesso alla recessione economica e alla crisi del mercato.

A testimonianza di questa tendenza, è sufficiente citare Jean-Claude Trichet, allora presidente della Banca centrale europea ossia la BCE, il quale decise di aumentare i tassi chiave nell’agosto 2008, perché gli indicatori di inflazione erano tesi, mentre la recessione economica era già in progress. Questo errore è rimasto indelebile nei miei ricordi. In sua difesa, tuttavia, è da rammentare che, con rarissime eccezioni, i banchieri centrali credono solo a ciò che vedono. Personalmente, sono dell’opinione che si debbano saper anticipare le inversioni.

D’altra parte, è essenziale che gli investitori anticipino le inversioni, pena la rovina, come accadde nel periodo 2000 e 2001 o nel 2008. Dovremmo, quindi, smettere di partecipare all’euforia derivante del mercato americano, perché quest’ultimo potrebbe emetterebbe il suo ultimo urrà? Il compito di rispondere a questa domanda, che è molto classica, di solito arriva dagli economisti. Per il momento, rimango relativamente ottimista sulla crescita degli Stati Uniti, grazie a una politica fiscale fortemente stimolante che compensa la stretta monetaria.

Ad ulteriore spiegazione, sufficiente per giustificare una simile opinione del mercato americano, desidero sottolineare come l’incontro di questa crescita economica con due perturbazioni esogene piuttosto eccezionali, sia molto decisiva per comprendere l’eccezione americana. In conclusione, sono dell’avviso che banche centrali non possano, questa volta, accontentarsi di aumentare, seppure con cautela, i loro tassi di interesse.

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