Tutelare il Made in Italy con una rotta precisa e chiara

Quando è in atto una crisi, la passività non fa che accrescere l’impotenza: alla fine ci si trova costretti ad agire proprio sui problemi e nelle condizioni di gran lunga meno favorevoli

(Henry Kissinger, Gli anni alla Casa Bianca, 1980)

Advisor Abbate - frecce tricolori

Per il Premier Matteo Renzi l’Italia è la patria della legalità. Ora tanto come italiano quanto Advisor abituato a confortarmi con il mondo economico di tutto il pianeta, mi chiedo se quanto asserito dall’attuale Premier, tra parentesi ancora una volta imposto e non frutto di libere elezioni, sia convinto di quanto dice, oppure se è la classica frase d’effetto pronunciata tanto per dirla.

Certo, in assoluto il concetto trova la sua essenza, visto che l’importanza e la valenza storica intrinseca del Diritto Romano la si può ancora oggi vedere riflessa, ma dato che tale frase non sarebbe stata pronunciata in una aula di Università, non fa altro che lasciarmi alquanto basito.

Se si fosse al bar con gli amici a parlare di calcio e di politica, verrebbe quasi voglia di domandarsi se ci fa oppure effettivamente c’è. Parlare di legalità in un Paese nel quale la corruzione è ai massimi storici non è solamente deviante e falso, ma denota la semplicità e la stupidità con la quale la nostra classe politica affronta le questioni che sono sul tavolo.

Advisor Abbate - tricolore cervelloRecentemente è stato, infatti, pubblicato che nel nostro Paese la corruzione viene ad essere percepita al novanta per cento. Evidentemente il Premier Renzi appartiene al restante 10 per cento, peccato però che è il capo del Governo italiano.

Molti sostengono che indagare sulla corruzione presenta dei costi superiore a confronto dei risultati. Sulla base di questa tipologia di impostazione mentale, sarebbe allora molto meglio mettere un bell’annuncio su internet e cercare qualcuno disposto a comprarsi l’Italia. Almeno, così, forse, finirebbe tutta questa imbarazzante tiritera.

Già il nostro Paese non gode di generalmente grande affidabilità, anche in considerazione che i vari governi non solo cambiano linee programmatiche, ma si divertano anche a creare grande confusione in tema di economia.

L’economia è uno dei settori chiave per un paese, e deve essere maggiormente rispettato. È un mare nel quale vi sono i noti grandi squali, speculatori che possono allegramente prosperare nelle acque torbide. Se poi non si fa altro che alimentare questo habitat, una qualsiasi persona dotata di una media intelligenza può trarre da solo le logiche conseguenze.

IPizzan una globalizzazione di mercato, si debbono fare altri tipi di scelte. Si debbono offrire chiare e inequivocabili garanzie, se effettivamente si vuole uscire dalla pressante presa da parte delle lobby di speculatori.

I nostri storici brand non possono essere così svenduti per un semplice piatto di minestra. Anzi, debbono essere salvaguardati e riportati in auge.

O il nostro Governo, qualsiasi esso sia, cambia effettivamente rotta, oppure il destino del tanto decantato Made in Italy va letteralmente a buone donne. In gioco non ci sono solo i posti di lavoro, ma proprio il futuro stesso del paese Italia.

Non si può in continuazione fondare tutta l’economia sulla base delle sovvenzioni europee, che oltretutto non si è neppure capaci di utilizzare. Si deve impostare una rotta precisa e chiara, che sappia fornire la sufficienza fiducia delle enormi potenzialità insite e che aspettano, oramai da lunghi anni, di poter finalmente riemergere in tutta la gloria e la possanza che le spettano.

 

 

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Libia, il grande caos e la “Spada di Damocle” dell’Isis

Un tempo era terra italica. Poi i nostri connazionali vennero espulsi e privati di tutti i loro averi. Ora salpano barconi carichi di clandestini

barcone clandestiniNon passa giorno che dal fronte libico non si ricevano notizie drammatiche.    Una situazione che pericolosamente cammina sull’orlo del precipizio e che rischia di portare giù nel baratro sia l’Italia sia l’Europa stessa.

Reputo che l’intera vicenda legata alla questione della Libia, non abbia fatto altro che evidenziare, anche una volta, la cronica ignoranza del mondo politico italiano. Il classico pressapochismo dominante dal 1946 in avanti, ha determinato una totale e completa mancanza di una consona linea di politica esterna.

Il discorso sulla Libia apre pagine e scenari di particolare dolore e che fin troppo facilmente i nostri politici hanno tentato di oscurare con Trattati irresponsabili, oppure accettando, senza fare assolutamente nulla e quindi con ignavia e viltà, che nel 1970 venissero cacciati oltre ventimila italiani che risiedevano in Libia.

Compatrioti che, non solo non hanno ricevuto alcun concreto e reale sostegno, se non le solite formule di rito, ma che si sono visti dalla mattina alla sera allontanare perentoriamente da una terra dove lavoravano, dove avevano investito denaro, lacrime e sudore.

Oltre a subire l’onta dell’espulsione, quegli oltre ventimila italiani, subirono da parte del governo libico, anche la confisca di ogni loro bene. Ma tutto ciò è nell’oblio, e non viene mai ricordato.

Libia, una terra turbolenta

quotidiani_d'epocaOrbene, a distanza di molti anni, ma in fondo non troppi, il teatro libico è ancora oggetto di scontri fra bande, fra tribù rivali. La non conoscenza del mondo arabo, il credere di poter sistemare le cose sempre e ad ogni prezzo con la sola parola, ha anche innescato tutto questo grande caos.

Prima si è accettato in maniera passiva che Gheddafi potesse fare tutto quello gli passasse per la testa, gli si è permesso di addestrare e di dare sostegno finanziario a tutti quei che terroristi che mettevano a ferro e fuoco Israele, che a sua volta rivendicava il diritto di difendersi.

Quando uno Stato è pavido, quando uno Stato crede che l’arte della mediazione possa essere applicata con tutti nella stessa maniera, erra di grosso. Ed errando si trova poi coinvolto in situazioni come quelle che oggigiorno stiamo vivendo.

L’incubo di vedersi arrivare orde di immigrati, con magari nascosti terroristi dell’Isis, è una dura realtà che ancora oggi il nostro Governo nega, minimizza, crede di poter gestire, quando nella realtà non è neppure capace di risolvere un semplice problema di ingorgo stradale, a causa del traffico, di una qualsiasi città.

Si paga anche il fio di non avere un vero e forte potere centrale. Oggi in Italia è divenuto tutto decentrato e, di conseguenza, non essendoci più delle linee guida tutto diventa fattibile.

La Libia era un territorio stupendo, terra italiana dal 1911, una terra strappata al dominio Turco. Una terra che non è mai stata una nazione, che improvvisamente, grazie ai soldi dei petrolieri, si è trovata catapultata in un mondo che non conosceva e nel quale non si è mai voluta integrare, forte della sua convinzione che l’islamismo sia l’unica vera guida, e che il resto del mondo sia solamente un luogo popolato da infedeli. Ancora una volta il Governo italiano sta alla finestra, guarda senza sapere cosa fare, quali pesci pigliare. E intanto la situazione rischia di precipitare.