L’Italia è una mera espressione geografica?

L’Italia è ancora come la lasciai, ancora polvere sulle strade, ancora truffe al forestiero, si presenti come vuole. Onestà tedesca ovunque cercherai invano, c’è vita e animazione qui, ma non ordine e disciplina; ognuno pensa per sé, è vano, dell’altro diffida, e i capi dello Stato, pure loro, pensano solo per sé

Johann Wolfgang Goethe

Eppure, chi l’avrebbe mai detto! Da mera “espressione geografica”, l’Italia è divenuta una nazione con un certo peso specifico nel quadro dell’economia.  Era il diciassette marzo del 1861 quando, a seguito della seconda guerra di indipendenza, nasceva lo Stato Italiano, divenendo, quindi, a tutti gli effetti una vera e propria nazione.

Da Advisor, rimango sempre sorpreso nel vedere l’evoluzione della economia in un arco temporale di poco superiore ai centocinquant’anni di vita. È innegabile, invero, come lo sviluppo del diritto, delle sue città e delle sue infrastrutture quali, ad esempio, strade, acquedotti, ponti, templi, teatri e terme, sia una derivazione di una impronta derivante direttamente dall’Impero Romano.

Tuttavia, dopo le invasioni barbariche di quello che era l’Impero Romano d’Occidente, fiorì una nuova civiltà che ha espresso istituzioni politiche come quelle dei Comuni, culturali come le Università ed economiche come le corporazioni. Fu proprio in quei periodi che sorsero economie avanzate, come le banche, le assicurazioni, che si svilupparono concetti quali il debito pubblico, i sistemi di contabilità a doppia entrata, e le prime forme di società per azioni.

Il conseguente successo economico degli Stati italiani della città del Rinascimento, trovò anche la massima espressione nell’abbondanza di grandi palazzi e di chiese. Tale leadership, non poté, ovviamente, essere mantenuta all’infinito. Infatti, a partire dal XVI secolo vi fu un lento declino.

Quindi, l’inizio del nuovo regno nel 1861 è stato una magnifica occasione per un Risorgimento non solo in politica, ma anche in campo economico.

Da Advisor, sottolineo come il nuovo Stato iniziò con il piede giusto, mettendo in atto una nuova normativa nel settore finanziario, fiscale, commerciale ed educativo, allineandoli con gli standard degli Stati europei più avanzati del tempo.

Il quadro generale, comunque, era abbastanza a fosche tinte. Non per nulla, lo sviluppo delle imprese fu lungo anche a causa di tutta una serie di motivi pratici come, ad esempio, il fatto che le riserve di carbone erano praticamente inesistenti e solo una piccola quantità di minerale di ferro poteva essere estratta.  Oltre a ciò porti e ferrovie dovevano essere ampliati e, il più delle volte, letteralmente creati.

Di contro, la seta era un prodotto ben radicato, visto che costituiva la metà delle esportazioni italiane al momento della sua unificazione. Anche il sistema bancario appariva ben organizzato e sviluppato.

Quindi, in sostanza, il vero decollo industriale dell’economia italiana, si ebbe tra la fine del XIX secolo e la Prima Guerra Mondiale, anche grazie all’utilizzo della potenza della energia idroelettrica. In sostanza, l’Italia si era mostrata una nazione dinamica nella maggior parte dei settori industriali, con particolare successo in ingegneria e nella produzione di energia idroelettrica.

Eppure, proprio a questo punto emerse una impasse nell’economia italiana, un qualcosa che si è dimostrato resistente a qualsiasi soluzione anche ad oggi.

Le economie del cosiddetto triangolo industriale, ovvero, Milano-Torino-Genova erano decollate, come la restante parte del Nord. Un fenomeno che, se era seguito, ad una certa distanza del Centro del paese, mostrava un Sud restare fortemente indietro evidenziando, di conseguenza, una incapacità nel reagire positivamente alle nuove opportunità economiche.

Non a caso, le cause di questa performance differenziale lungo le linee geografiche sono ancora oggi oggetto di accesi dibattiti e non vi è neppure alcun abbozzo di consenso unanime su quali siano i reali motivi di tutto ciò.

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