Alla riscoperta dell’economia politica, un fondamento per capire il futuro

Ahi serva Italia, di dolore ostello, / nave sanza nocchiere in gran tempesta, / non donna di provincie, ma bordello!”

Dante Alighieri

Da Advisor, più di una volta, ho avuto modo di riscontrare quanto, diversi governi, specialmente quelli italiani, abbiano la forte necessità di andare a rinverdire le proprie conoscenze in materia di economia politica.

Credo, come Advisor, che una rilettura dei manuali di economia politica, farebbe, davvero, molto bene a tanti politici che parlano senza alcuna cognizione dei fatti. Tutto ciò, infatti, gli consisterebbe di andare a sviluppare tanto l’arte di parlare sapendo ciò che si sta dicendo e, nel contempo, comprendere come l’economia politica sia una scienza.

Se la scienza è un mezzo per un fine, allora è necessario che un governo sappia sviluppare uno dei più grandi desideratum di tanti italiani, ovvero sapere cosa si possa e cosa non si possa fare. Per capire lo scopo di questa affermazione, dobbiamo rivisitare la vecchia distinzione tra conoscenza teorica e conoscenza pratica e, ciò, comporta che la nostra classe politica sappia dell’esistenza di testi di filosofi come Platone e Aristotele.

D’altra parte, fu proprio Aristotele che distinse, nella sua etica nicomachea, la razionalità scientifica della razionalità calcolatrice. La scienza studia ciò che è necessario, e che può essere dimostrato e insegnato, mentre la razionalità calcolatrice tocca ciò che può essere in un altro modo e che è tanto l’oggetto di produzione quanto di azione.

La tecnica e l’arte influenzano la produzione e la prudenza all’azione.  La conoscenza teorica è stata considerata costruita sull’astrazione delle peculiarità di un oggetto correlato alle circostanze del tempo e del luogo e come dedicata all’elaborazione di principi o leggi di validità universale. D’altra parte, la conoscenza pratica è stata considerata soggetta a regole che scaturiscono dalla prudenza, dalla tecnica o dall’arte, che a volte ci hanno indirizzato verso i sistemi oggettivi delle norme e che hanno prodotto principi contingenti incerti, variabili, e dai sillogismi dialettici, cioè, probabile.

In ogni caso, esiste una intrinseca finalità o dimensione teleologica di queste conoscenze. Certo, so perfettamente, che tutto ciò è da considerare impossibile, visto il livello della nostra classe politica, più attenta agli interessi personali che a quelli dei cittadini.

Ma forse, quello che oggi domina maggiormente, non sono le conoscenze sia teoriche e sia pratiche, né tanto meno le tecniche necessarie ad dare impulso all’economia italiana. Di fatti, ho sempre più la forte sensazione che al centro della politica sia posta una sotto forma di iuris prudentia, ovvero di un qualcosa volto non all’azione ma a soddisfare i famelici appetiti dei politici nostrani.

Pur tuttavia, in conclusione, auspico che, prima o poi, il vento cambi e che, finalmente, si possa intravedere un futuro molto meno incerto ed economicamente molto più solido.

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