Sottosviluppo ed economia internazionale

Come giustificare il fatto che ingenti somme di danaro che potrebbero e dovrebbero essere destinate a incrementare lo sviluppo dei popoli, sono invece utilizzate per l’arricchimento di individui o di gruppi, ovvero assegnate all’ampliamento degli arsenali di armi, sia nei Paesi sviluppati sia in quelli in via di sviluppo, sconvolgendo così le vere priorità?”

Giovanni Paolo II

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Più volte, in qualità di Advisor mi sono trovato a dover affrontare il concetto di sottosviluppo dato che questo, indubbiamente, è uno dei problemi più scottanti e importanti in una economia internazionale.

Non per nulla, la povertà mondiale è, ancora oggi, una questione di interesse preminente per tutti gli economisti. Tra i problemi più recenti che investono la base di ogni tipo di rapporto internazionale sociologico ed economico, si possono riscontrare una strutturale arretratezza economica unitamente ad una esplosione demografica, ad un degrado ambientale e a una accresciuta nuova e vecchia forma di disoccupazione.

Non di meno, il termine che è maggiormente utilizzato nel riferirsi ai Paesi con livelli di reddito più bassi, è quello di “paesi in via di sviluppo”, il che implicherebbe che siano sulla buona strada per diventare, in un prossimo futuro, dei paesi sviluppati.

Come Advisor, pertanto, mi pongo una domanda analizzando le teorie di sviluppo, e cioè se effettivamente il sistema economico globale, ossia il capitalismo, sia in grado di favorire o meno la convergenza dei paesi ricchi e poveri. Per rispondere a questa domanda è importante una corretta e ferrea analisi di quello che è realmente una economia dello sviluppo.

D’altra parte, è più che logico che i principi teorici siano necessariamente corretti sulla base delle politiche economiche e degli aiuti forniti per lo sviluppo. In pratica, il tutto deve essere formulato in modo che il risultato finale sia il successo. Per analizzare la questione, di solito, utilizzo anche il PIL, il quale è pur sempre, a priori, un indicatore di uno sviluppo economico.

Advisor Abbate - Successo 2Capire lo sviluppo economico e del credito economico, unitamente ad un cambiamento qualitativo, infatti, può supportare ogni forma di analisi. Tuttavia, constato sempre più, come una crescita economica non risulti essere, alle volte, sufficiente al raggiungimento di un risultato che possa essere effettivamente equo.

È incontrovertibile il fatto che, nel complesso della economia internazionale, tutti i paesi mostrino effettivi segni di crescita, pur tuttavia questo non avviene in modo tale che il risultato appaia essere uniforme. Infatti, è sotto gli occhi di tutti noi le molte differenze in termini assoluti di produzione e di reddito.

A tal proposito, viene in aiuto il PIL pro capite, cioè la Produzione Interna Lorda divisa per la popolazione totale. È un dato che la crescita economica nei paesi ricchi sia superiore rispetto a quella dei paesi più poveri e che la crescita della popolazione nei paesi poveri sia superiore a quella dei paesi ricchi.

Di conseguenza, si sta producendo un livello di distanziamento del reddito pro capite nel gruppo dei paesi ricchi e il resto. Per molti economisti, si tratta, in ogni caso, di un processo di convergenza relativo al reddito pro capite tra i paesi ricchi e il resto del mondo, come il fatto che il credito dei paesi in via di sviluppo avvenga più velocemente rispetto ai paesi industrializzati.

Reputo, invece, che in entrambi i casi, sia in termini assoluti che relativi, vi sia in atto un processo di divergenza tra paesi ricchi e poveri. Tuttavia, il tenore di vita migliora sia nei paesi sviluppati sia in quelli in via di sviluppo. Appare, pertanto, come si sia andato a sviluppare un concetto relativo di povertà.

Quando lo sviluppo economico permette ad un ex paese povero di raggiungere lo stesso livello di reddito pro-capite rispetto al “vecchio” ricco, il suo grado di felicità potrà effettivamente aumentare?

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