“Nel nostro tempo la sventura consiste nell’analfabetismo economico, così come l’incapacità di leggere la semplice stampa era la sventura dei secoli precedenti”
Ezra Pound
Come Advisor, reputo che i mercati finanziari deregolamentati siano soggetti a crisi, e, negli ultimi decenni, le condizioni si sono andate ad aggravare a causa di una più ampia liberalizzazione finanziaria, che ha colpito la trasparenza e gli incentivi.
A seguito della crisi finanziaria, l’idea che i mercati finanziari debbano autoregolarsi è ancora abbastanza predominante. Pur tuttavia il processo è incompleto e sono necessarie ulteriori misure per ridurre la probabilità di future possibili crisi finanziarie.
Non per nulla, vi sono ancore numerose sfide speciali che affrontano le economie dei mercati emergenti e dei paesi meno sviluppati a causa della volatilità dei prezzi delle materie prime.
Infatti, la finanziarizzazione dei mercati è arrivata di pari passo con l’aumento della volatilità dei prezzi delle materie prime, che sono una componente fondamentale delle esportazioni di diversi paesi in via di sviluppo. La volatilità dei mercati delle materie prime è pericoloso per i Paesi in via di sviluppo, dal momento che influisce sulla crescita negativa dei Paesi esportatori quando cadono precipitosamente, e potrebbe portare a carenze alimentari ed energetiche per lo sviluppo dei Paesi di importazione quando crescono troppo in fretta.
Una regolamentazione dei mercati finanziari per ridurre la volatilità dei prezzi delle materie prime, potrebbe ridurre il rischio di crolli di queste economie evitando così la crescita della fame nel mondo, in particolare in tutti i Paesi in via di sviluppo.
È da registrare che è in atto una ripresa globale ancora a due velocità. Veloce nel mondo in via di sviluppo e lenta nelle economie avanzate. I Paesi sviluppati sono tornati a politiche fiscali recessive per i timori di un eccessivo accumulo di debito pubblico.
Reputo che tali timori siano fuori luogo, e l’ulteriore espansione monetaria e fiscale è effettivamente necessaria per evitare un ulteriore rallentamento economico. Sono più che mai convinto che una ulteriore regolazione del mercato finanziario sia un passo, una fase assolutamente necessaria per la stabilità dell’economia globale, ma, incredibilmente, è un qualcosa che rimane ancora oggi incompleto.
La politica dei redditi che promuove l’adeguamento dei salari reali in linea con la produttività dovrebbe essere maggiormente considerata. La politica monetaria dovrebbe andare oltre l’inflazione di targeting.
La Banca Centrale Europea ha lanciato nel marzo di quest’anno la sua nuova politica monetaria per iniettare, nell’arco di 18 mesi, 1.100 miliardi di euro per stimolare la crescita e l’occupazione.
Ma è una azione che divide gli economisti. L’operazione, descritta come cruciale per il futuro della euro zona, si traduce nell’acquistare massicciamente titoli di debito pubblico e patrimonio privato ad un ritmo di 60 miliardi di euro al mese per un periodo di almeno 18 mesi.
Questa nuova politica monetaria conosciuta come “alleggerimento quantitativo”, il QE, fu annunciata nel mese di gennaio da parte del Presidente della BCE, Mario Draghi.
È stata anche definita da più di un economista come non convenzionale, in quanto interviene direttamente sui mercati finanziari invece di passare attraverso le banche come al solito. È da considerare, comunque, che negli ultimi anni, il circuito convenzionale non funziona più.
Le banche, infatti, si assumono sempre meno rischi.
Da qui la decisione di Mario Draghi, nonostante l’opposizione di molti Paesi, tra cui Germania, di “stampare denaro” per compensare le carenze del mercato. L’obiettivo è triplice:
- combattere contro il rischio di deflazione
- abbassare l’euro
- fornire la liquidità necessaria per sostenere il credito.
Reputo, come Advisor, che tutto questo dovrebbe portare ad un rilancio della crescita e dell’occupazione in una euro zona che sta ancora lottando per ripartire.
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