La pensione sociale: una solidarietà oppure una azione per ottenere consensi politici?

Quando alcune persone vanno in pensione, diventa difficile notare la differenza

Virginia Graham

La pensione sociale è, sicuramente, un argomento, non molto popolare. Nessun essere sensiente è, per principio, contrario ad uno stato sociale. Pur tuttavia, quando la solidarietà diventa un potente mezzo politico a danno della collettività, non è strano che qualche dissidio possa sorgere. Come Advisor, ben lontano da voler sollevare polemiche, registro come la delicata questione legata alla la pensione sociale, sia un aspetto economicamente importante.

Indubbiamente, da Advisor, so perfettamente che le pensioni sono un vero e proprio universo, dato che in esse confluiscono una infinità di modalità di erogazioni. Quella più nota, ovviamente, è la pensione che viene ad essere versata a seguito del versamento di contribuiti.

Ma oltre a questa formula, vi sono gli assegni di invalidità, le pensioni minime e quelle sociali. Secondo i dati forniti dall’INPS e aggiornati al novembre del 2017, per le pensioni di genere vario, nel solo 2016, l’INPS ha pagato 307 miliardi. Un dato che include, quindi, anche soggetti i quali non hanno versato alcun contributo e che, di conseguenza, sono a carico totale della fiscalità generale.

La storia tramanda che nel 1969 venne ad essere introdotta la pensione sociale, la quale venne ad essere erogata dall’INPS, ente creato da Benito Mussolini nel 1933. A partire dal 1° gennaio del 1996, la pensione sociale è stata sostituita dall’assegno sociale. Ma al di là della paternità della sua istituzione e delle correlate motivazioni, dopo così tanto tempo, forse, la domanda giusta da porsi è perché si debbano ancora erogare gli assegni sociali, alias pensioni sociali.

Difatti, alla base della questione, è, se l’assegno sociale è una prestazione economica che viene ad essere erogata a domanda a favore di quei cittadini che si trovano in particolari disagiate condizioni economiche, come è possibile che si arrivati all’età di 66 anni e non avere una condizione economica adeguata? Tutto ciò, infatti, può far insorgere un piccolo sospetto.

In pratica, a pensare male, si potrebbe anche ipotizzare che fino al raggiungimento dell’età per la quale è possibile richiedere l’assegno sociale, si sia, effettivamente, poco o per nulla pensato alla vecchiaia. Ossia, si sia lavorato in nero e, quindi, non si siano versati i contributi e, addirittura, non si siano pagate le tasse.

In effetti, salvo le doverose e possibili situazioni, oggi come oggi, è davvero difficile credere che si sia “campato”, più o meno, senza una condizione economica adeguata! Oltre a ciò, non è certamente difficile ipotizzare che tale strumento sia stato una sorta di “incentivo” a favore di certi partiti politici. In altre parole, la pensione sociale o, meglio, l’assegno sociale, è divenuto un potente mezzo per assicurarsi voti.

A titolo di cronaca, è da ricordare che la cifra dell’assegno sociale è di 453 euro per tredici mensilità. Certo, a prima vista può sembrare un qualcosa di poco conto ma, se si analizza la questione sotto ogni punto di vista, si comprende bene che diventa un qualcosa di molto oneroso per la collettività, visto che tale cifra è corrisposta a chi non ha mai versato alcun contributo in tutta la sua vita lavorativa.

In conclusione, voglio rammentare che tanto i cittadini comunitari quanto extra-comunitari quelli in possesso della carta di soggiorno e risultanti essere residenti in Italia, sono equiparati a quelli italiani anche per quello riguarda l’erogazione dell’assegno sociale.

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